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Charango, Ronroco, Charangón: un po’ di chiarezza!

Uno degli artisti che più ha contribuito a diffondere il suono del charango e della musica andina è sicuramente Gustavo Santaolalla, autore di numerose colonne sonore (bellissima quella de “I diari della motocicletta“) e di un disco in particolare, chiamato Ronroco, in cui ha registrato alcuni dei suoi brani più famosi. Santaolalla, che è argentino, ha sempre manifestato il suo amore per lo strumento che, appunto, intitola l’album: il ronroco. Ma quali sono le differenze fra charango e ronroco?

Qualunque charanguista che abbia ascoltato il disco con attenzione, però, si rende conto che il suono è certamente simile a quello del charango, anche e le tonalità sono diverse da quelle più usuali: suonarle sul charango risulta meno comodo. Anche il timbro cambia un poco. È morbido, dolce e forse meno pungente di quello del charango tradizionale. Ci si può giustamente chiedere che cosa sia dunque il ronroco che usa Santaolalla.

C’è in effetti una confusione dovuta a ragioni storiche e geografiche. Il charango moderno, come sa bene chi lo suona e lo studia da vicino, è uno strumento-tipo fra le molte varianti di strumenti similari, tutti diffusi nell’area andina. Negli ultimi cinquant’anni però, soprattutto grazie alla preziosa opera di Mauro Nuñez Caceres, vero padre boliviano del charango moderno, si è arrivati ad una standardizzazione delle forme e delle tonalità di quella che è a tutti gli effetti una famiglia di cordofoni. Attualmente, dunque, il charango in Bolivia è affiancato principalmente da altre due varianti di strumenti. Il primo è chiamato charangón, mentre il secondo è chiamato ronroco.

In Argentina, però, le cose sono diverse: il modo con cui gli strumenti di questa famiglia vengono chiamati cambia rispetto alla Bolivia. Un boliviano ed un argentino chiamano charango lo stesso strumento, ma in argentina non esiste uno strumento chiamato charangón: il suo nome è ronroco. Il ronroco boliviano, invece, prende in argentina il nome di mediana, anche se non si tratta di uno strumento molto conosciuto. Questa differenza crea grossi problemi quando si sta cercando di comprare uno strumento particolare in Bolivia o in Argentina. Ecco una tabella delle corrispondenze, che rende tutto più chiaro:

BoliviaArgentinaRegistroDiapason (cm)
CharangoCharangoContraltoda 34 a 39
CharangónRonrocoTenoreda 40 a 45
RonrocoMedianaBaritonoda 45 a 50

Per chiarezza, in questo sito tutti i nomi utilizzati fanno riferimento alla nomenclatura boliviana. Prendiamo quindi in considerazione la prima colonna di questa tabella.
Vediamo ora in dettaglio quali sono le caratteristiche di questi strumenti. Le differenze fra charango, ronroco e charangon sono principalmente legate alla dimensione dello strumento e alla lunghezza del diapason, e dato che un’immagine vale più di molte parole ecco una comparazione dei tre strumenti affiancati:

Ronroco, charangon e charango posti a confronto in verticale, contro una parete
Da sinistra: un Ronroco boliviano, un Charangon, Un Charango. Tutti gli strumenti sono boliviani

Al centro si nota il charangón boliviano – chiamato ronroco in Argentina – che non è altro che un charango leggermente più grande per dimensione, con un diapason che di solito è attorno ai 41 cm. Questo strumento è accordato con un intervallo di quarta sotto a quello del charango. L’accordatura delle singole corde è la seguente:

Accordatura dalla quinta coppia di corde alla prima

Il ronroco boliviano, che invece in Argentina prende a volte il nome di Mediana, ha un diapason che oscilla dai 45 ai 50 cm. L’accordatura tradizionale del ronroco boliviano è esattamente un’ottava sotto quella del charango, e nella sua forma attuale è stata resa famosa dal gruppo Los Kjarkas, che lo usavano con pura funzione di accompagnamento. Si dice che siano gli inventori del ronroco, ma la bisogna riconoscere che nell’immenso pantheon di strumenti boliviani esistono tradizionalmente varianti locali molto simili.

Si nota la presenza di un’ottava bassa alla quinta coppia di corde (SOL) e alla quarta coppia di corde (DO), mentre viene eliminato il MI cantino alla prima coppia: in altre parole, la terza coppia e la prima coppia eseguono esattamente la stessa nota senza ottavature (MI). Questa accordatura in realtà è un temple molto diffuso nell’area boliviana che prende il nome di Temple Diablo ed è particolarmente utilizzato nel k’alampeo.
Nella seguente immagine si possono confrontare le due accordature:

Da sinistra: coppie di corde dalla quinta alla prima | L’accordatura del Ronroco è riferita al ronroco boliviano

La relazione che intercorre fra questi strumenti – a cui se ne aggiungerebbero altri meno conosciuti come il walaycho – è praticamente la stessa delle altre famiglie di strumenti a cui siamo più avvezzi. Si pensi al violino, alla viola e al violoncello, oppure al sax nelle sue versioni, da soprano a baritono. Possiamo dunque affermare che il charango corrisponde al registro contralto, il charangon al tenore, il ronroco al baritono. Questa intuizione risale ad un grande maestro charanguista, in qualche modo il padre di tutti i charanguisti moderni: Mauro Núñez Cáceres.
A differenza del sax, però, il charango non è uno strumento trasportatore. La stessa posizione su un charango e un charangon, quindi, produce due accordi diversi: il DO maggiore del charango corrisponde ad un SOL maggiore sul charangon, e così via.

Lo strumento con cui Gustavo Santaolalla suona e con cui ha registrato i suoi brani più famosi è quindi un ronroco argentino, che corrisponde al charangón boliviano. Se dunque desiderate comprare uno strumento simile da un liutaio boliviano non dovrete chiedere un ronroco, ma un charangón!

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